Io difendo il Natale, nonostante tutto.
Nella nostra società, dilagano ormai cinismo e ipocrisia, del “meglio a te che a me”. Anche gli animi più miti, di fronte alle disgrazie che colpiscono gli altri, si rifugiano con la testa dentro la sabbia accettando di venire manipolati e schiacciati dai potenti.
Io difendo il Natale, come simbolo di speranza, fratellanza e amore, che ci fa riunire una volta all’anno pensando a cose buone a come far felici gli altri.
Io difendo il Natale del dare, senza pensare all’avere…Perché diciamocelo chiaro, senza tanti giri di parole: ma chi si ferma più a ricordare cosa sia veramente il Natale? L’importanza religiosa del Natale, come dice Papa Francesco: “la festa dell’amore incarnato, Gesù Dio che si fa uomo per noi, la luce che dà senso all’esistenza umana e alla storia intera…”.
Io difendo il Natale, quello del presepe, e si, anche quello delle palline in vetro soffiato e dei regali! Perché queste non sono solo cose, ma sono simboli, simboli di quella speranza e di quella compassione verso gli altri che, anche una casa decorata con amore può aiutare a veicolare.
Tutti questi simboli e tradizioni che noi osserviamo da sempre, hanno origini antichissime che, sono sicura, in pochi conoscono.
La Natività nel presepe in particolare, fa “rinascere in noi la tenerezza”, che è la via che il Bambino ci mostra “per essere vicini, per essere umani” anche se la paura del contagio ci costringe “a stare più distanti.
La leggenda di Babbo Natale, ad esempio, risale veramente alla notte dei tempi, fino addirittura ad Odino, Dio supremo dell’antica religione nordica: anche lui portava doni, a bordo di una slitta trainata da un cavallo volante. Le prime tracce cristiane, invece, coinciderebbero con San Nicola, vescovo di Myra in Turchia e considerato il protettore dei bambini.
Attraverso il simbolismo di Babbo Natale, ovvero un’entità buona e generosa che porta doni a tutti, possiamo far sognare i nostri bambini, e di cosa ha più bisogno un bambino per il suo benessere interiore se non la possibilità di sognare?
Invece, le origini della tradizione della decorazione dell’albero di Natale, si pensa sia nata in ambito pagano: poiché l’abete è una pianta sempreverde, i Druidi – i sacerdoti celti – fecero di quest’albero un simbolo di vita e lo onoravano in varie cerimonie.
L’idea dell’abete come rappresentazione della vita eterna venne, poi, ripresa dai cristiani, che ne fecero il simbolo di Cristo e per la sua forma triangolare, che rappresenterebbe la Santa Trinità.
Tuttavia, il primo vero albero di Natale, per come lo conosciamo noi,, fu introdotto in Germania nel 1611 dalla Duchessa di Brieg che, secondo la leggenda, aveva già fatto adornare il suo castello per festeggiare il Natale, quando si accorse che un angolo di una delle sale dell’edificio era rimasto completamente vuoto. Per questo, ordinò che un abete del giardino del castello venisse trapiantato in un vaso e portato in quella sala.
Anche la raffigurazione della natività ha origini antiche: i cristiani dipingevano e scolpivano le scene della nascita di Cristo nei luoghi di incontro, come le Catacombe romane.
Quando il Cristianesimo uscì dalla clandestinità, le immagini della natività cominciarono ad arricchire le pareti delle prime chiese; mentre nel 1200 si iniziarono a vedere le prime statue.
La scena della natività fu ricostruita per la prima volta nel 1223 da San Francesco d’Assisi, ritenuto il “artefice” del presepe. L’idea era venuta al Santo durante il Natale dell’anno prima a Betlemme. Francesco rimase particolarmente colpito tanto che, tornato in Italia, chiese a Papa Onorio III di poter ripetere le celebrazioni per il Natale successivo.
A quei tempi le rappresentazioni sacre non potevano tenersi in chiesa. Il Papa così gli permise di celebrare una messa all’aperto a Greccio, in Umbria: i contadini del paese accorsero nella grotta, i frati con le fiaccole illuminavano il paesaggio notturno e all’interno della grotta fu inserita una mangiatoia riempita di paglia con accanto il bue e l’asinello. Quello fu il primo presepe vivente: una tradizione che si rinnova ancora oggi in piccoli e grandi centri dove si rievoca la Notte Santa.
Nella simbologia del presepe il bue e l’asinello sono i simboli del popolo ebreo e dei pagani. I Magi sono considerati come la rappresentazione delle tre età dell’uomo: gioventù, maturità e vecchiaia. I doni dei re Magi hanno il duplice riferimento alla natura umana di Gesù e alla sua regalità: la mirra per il suo essere uomo, l’incenso per la sua divinità, l’oro perché dono riservato ai re. I pastori rappresentano l’umanità da redimere e l’atteggiamento adorante di Maria e Giuseppe serve a sottolineare la regalità del Nascituro.
Io difendo il Natale, quello che ci fa guardare al futuro con speranza, senza abbandonarci ai disfattismi o alle paure di cui è ormai piena la nostra vita quotidiana.