Il Restauro di Libri Antichi, nella millenaria #Abbazia greca di San Nilo.

L’Officina Librorum che ha salvato il prezioso #Codice Atlantico di Leonardo

L’Abbazia greca di San Nilo – monastero che ospita la comunità dei monaci basiliani – costituisce una preziosa testimonianza della tradizione del monachesimo bizantino in Italia. Fondata al principio dell’XI secolo da #San Nilo da Rossano, a Grottaferrata, nel territorio incantevole dei #Castelli Romani.

Tra le mura del monastero, nel corso dei secoli, prese corpo una grande raccolta di codici, prodotti dagli stessi copisti criptensi cresciuti alla scuola del fondatore, e di testi acquisiti, attraverso donazioni e scambi con altri centri monastici.

La Biblioteca Statale Nazionale

La Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Grottaferrata, che si trova all’interno dell’Abbazia. Creata nel 1931, è, infatti, ricca di oltre un migliaio di codici, i più antichi dei quali risalgono al X secolo; manoscritti greci, latini, etiopici, arabi; incunaboli, cinquecentine e altri libri a stampa.

Gran parte dei testi conservati provengono dal “fondo del Convento di San Francesco di Castel Gandolfo”, acquisito nel 1930 e costituito da 752 testi gravemente danneggiati, alcuni erano stati compromessi dai roditori, mentre altri hanno subito danni da acqua e muffa. Si tratta in prevalenza di testi di scrittura sacra, teologia, filosofia, matematica, fisica, storia secolare”. La raccolta include anche i libri proibiti e in piccola parte manoscritti.

A partire dagli anni ‘60, sono stati intrapresi tentativi di recupero dei libri danneggiati: «È stato avviato un primo intervento di restauro, ma molti volumi sono stati rilegati ex novo, perdendo così informazioni preziose». Solo di recente, nel 2021, si è avuto un significativo progresso.

Oggi, grazie all’imponente opera di restauro. il Fondo di Castel Gandolfo, è fruibile, presso la Biblioteca Statale Nazionale all’interno dell’Abbazia di San Nilo.

L’Officina Librorum che ha salvato il Codice Atlantico di Leonardo

Il laboratorio di restauro che si trova in una sala dell’antica foresteria dei monaci è il primo laboratorio a carattere scientifico per il restauro dei libri antichi, ospitato nell’Abbazia fin dal 1931 per volontà delle autorità statali dell’epoca preposte all’amministrazione del patrimonio bibliografico italiano.

In questa Officina Librorum  è stato fatto il più famoso dei restauri a livello mondiale, quello delle oltre mille carte del Codice Atlantico di Leonardo che raccoglie disegni di macchine, studi di geometria, calcoli, vari appunti e note personali. Il codice era gravemente rovinato e deteriorato dal tempo. Dopo quattro secoli le colle usate decomponendosi avevano attratto insetti, tarme, muffe.

Inoltre, in questo luogo furono curati oltre mille volumi recuperati dallalluvione di Firenze del 1966. Fu lo stesso pontefice Paolo VI a inviare i monaci dell’abbazia  sul posto, per prelevare, dopo un primo indispensabile intervento contro gli effetti deleteri dell’acqua e del fango, i volumi poi salvati.

Da una recente intervista con la specialista di restauri Chiara Faia, abbiamo appreso le metodologie con cui gli antichi testi vengono restaurati: “Il restauro deve essere sempre reversibile”, ha spiegato Faia. Vale a dire che si deve poter tornare indietro. “Ogni aspetto del volume è un elemento archeologico che contribuisce a ricostruire la sua storia materiale. Il libro quando esce deve avere una scheda di restauro con tutte le indicazioni alle quali il restauratore deve attenersi. Devono essere indicati tutti gli interventi che sono stati fatti”. Nulla può essere casuale, tutto ciò che si fa deve essere motivato.

“Si può usare la carta giapponese, la pergamena sarebbe impossibile”. E così, Chiara Faia e altri specialisti hanno restaurato il Fondo di Castel Gandolfo che “ricartellinato, è già fruibile. Si tratta in prevalenza di testi di scrittura sacra, teologia, filosofia, matematica, fisica, storia secolare”. La raccolta include anche i libri proibiti e in piccola parte manoscritti.

Tesori nascosti e mirabili testimonianze dell’Abbazia di San Nilo

San Nilo da Rossano

Fondata nel 1004 dal grande monaco San Nilo da Rossano, che arrivò qui dalla Calabria, allora parte dell’Impero bizantino, dopo una lunga peregrinazione. Alla fine della sua vita, accettò come donazione dal signore locale, Gregorio I di Tuscolo, il terreno su cui sorse la nuova fondazione monastica.

La sua eredità spirituale e culturale è stata portata avanti dai suoi discepoli, che nel monastero di Grottaferrata continuarono a praticare il rito bizantino e a utilizzare la lingua greca, caratteristiche dell’Impero di Costantinopoli. Tuttavia, riconobbero l’autorità religiosa del Papa di Roma, rimanendo in comunione con la Santa Sede fino ai giorni nostri.

Nel corso dei suoi mille anni di storia, il monastero ha vissuto molte vicissitudini; tuttavia, i monaci greci di Grottaferrata hanno preservato nel tempo il patrimonio liturgico e spirituale della tradizione bizantina portata dai Santi Fondatori.

Oggi, si presenta come un monastero cattolico di rito bizantino-greco, l’ultimo rimasto della grande tradizione monastica italo-greca che prosperò nel sud Italia durante il medioevo.

Quest’Abbazia è anche un simbolo e un luogo d’incontro tra le tradizioni orientali e occidentali, essendo stata fondata prima del Grande Scisma d’Oriente del 1054, quando la cristianità era ancora unita.

Riconosciuta come monumento nazionale dal 1874.

fonte: Castellinotizie.it

    
       

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