Quel giorno di settembre quando la nave Benedetto Brin andò giù.
Il 27 settembre del 1915, insieme a quella di tanti marinai italiani ebbe fine anche la vita della nave della Regia Marina, Benedetto Brin.
Erano le ore 8,10 di quel lunedì di settembre quando un forte boato scosse la città e l’onda d’urto provocò la rottura dei vetri e la caduta di intonaci in numerose abitazioni.
Secondo le testimonianze dei marinai che assistettero alla scena, lo scafo della Benedetto Brin, la nave ammiraglia della 6a Divisione Navi Scuola della Regia Marina, si appoggiò sul fondo di dieci metri e scese lentamente. Mentre la poppa, completamente sommersa, appariva sconvolta e ridotta ad un ammasso di rottami, la torre poppiera da 305 mm lanciata in aria si abbatte sul fianco sinistro della nave e la parte poppiera dello scafo, ridotta ad un ammasso di rottami, si immerge rapidamente trascinando la nave sul fondo.
Insieme a quella di tanti marinai italiani ebbe fine anche la vita della nave Benedetto Brin, varata nel 1901 e impiegata in numerose operazioni militari, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si trovava nel porto di Brindisi, insieme ad altre navi dell’Intesa.
I superstiti furono nove ufficiali e 473 sottufficiali e marinai, un centinaio dei quali feriti, i caduti furono 21 ufficiali e 433 sottufficiali e marinai, fra cui l’ammiraglio Ernesto Rubin de Cervin e il comandante, Capitano di Vascello Gino Fara Forni.
La folla muta assistette al recupero dei corpi dilaniati e a dei superstiti che furono raccolti dalle imbarcazioni delle altre navi, italiane e francesi presenti nel porto, e portati nelle loro infermerie, nell’ospedale della Croce Rossa e nell’Albergo Internazionale, subito adibito ad infermeria d’emergenza.
Fausto Leva, un testimone oculare così descrisse la catastrofe
”…nel fumo denso si distinse per un momento la massa d’acciaio della torre poppiera dei cannoni da 305 mm., che lanciata in aria dalla forza dell’esplosione fino a metà della colonna, ricadde poi violentemente in mare, sul fianco sinistro. Pochi momenti dopo, dissipato il nembo del fumo, lo scafo della B.Brin fu veduto appoggiarsi senza sbandamento sul fondo di dieci metri e scendere ancora lentamente, formandosi un letto nel fango molle. Mentre la prora poco danneggiata si nascondeva sotto l’acqua che arrivava a lambire i cannoni da 152 della batteria, la parte poppiera completamente sommersa
appariva sconvolta e ridotta ad un ammasso di rottami. Caduto il fumaiolo e l’albero di poppa, si erge ancora dritto e verticale l’albero di trinchetto”
(Teodoro G. Andriani, La base navale di Brindisi durante la grande guerra, 1993).
Per molti decenni non furono chiare le cause dell’esplosione. Tra le ipotesi più chiacchierate c’era quella di un falso prete a servizio dall’Austria, o di un marinaio traditore, che aveva collocato un ordigno nei pressi della “Santabarbara” della nave.
Fino a quando La Marina Militare Italiana dichiarò ufficialmente, con un comunicato, che: Come ormai acclarato, si trattò di una disgrazia non diversa da quelle accadute in altre marine da guerra dell’epoca: la causa dell’affondamento era infatti da attribuire ai nuovi esplosivi utilizzati per le cariche di lancio e di scoppio che, indispensabili e sempre più potenti, erano stati introdotti da troppo poco tempo perché se ne conoscessero tutte le caratteristiche relative alla loro stabilità.
La triste storia sconvolse gli animi di tutti gli italiani, al punto che ancora oggi vengono commemorate le vittime di quel giorno, considerate i primi caduti della Grande Guerra.