LA PIMPACCIA, LA DONNA PIU’ CHIACCHIERATA DEL XVII SECOLO.
Un Borgo nel cuore della splendida campagna viterbese fa da cornice alla figura della sua misteriosa e per certi versi molto moderna Principessa, la cui intraprendenza e brama di potere, le valsero il soprannome poco edificante di “Pimpaccia”, alludendo ad un’opera teatrale in voga in quegli anni, che rappresentava le gesta di una donna avida e manipolatrice detta “La Pimpa”.
Donna Olimpia Maidalchini Pamphili, nacque a Viterbo alla fine del 1500. Fin dalla nascita si è dimostrata, forte e volitiva, impegnandosi per modificare il suo destino. Il padre infatti, l’aveva destinata alla vita religiosa, ma lei riuscì ad evitarlo e sposò giovanissima un ricco possidente locale che la lasciò vedova dopo soli tre anni di matrimonio.
“La dominatrice indiscussa e assoluta della corte papale e di tutta Roma, tanto da essere chiamata ironicamente “la papessa“
Da li a poco la giovane e ricca, quanto anonima, ragazza cominciò la sua scalata sociale: sposò un uomo appartenente ad una delle più prestigiose famiglie nobili romane Pamphilio Pamphili, più vecchio di lei di ben 27 anni, non molto ricco, avendo dilapidato il patrimonio di famiglia, ma… cosa di fondamentale importanza per il futuro di Olimpia, fratello del futuro Papa Innocenzo X.
Nel 1645, si incrociano i destini di Olimpia e del Borgo, quando il Papa Innocenzo X permutò il complesso con rendite catastali nel Lazio a favore di sua cognata, Donna Olimpia Maidalchini Pamphili, che eresse il San Martino al Cimino a Principato.
Fin da subito Olimpia dimostrò la sua abilità e scaltrezza negli affari, caratteristiche abbastanza comuni negli uomini ma molto rara, in maniera così esplicita e prevalente, nelle donne dell’epoca.
Quello che potremo chiamare un esperimento urbanistico ante litteram, fu il suo primo atto per trasformare e migliorare il Principato, come si può vedere da questa cartolina d’epoca, la struttura del Borgo di San Martino al Cimino ha una particolarissima forma ellittica digradante verso il basso.
Il borgo sorge ad un’altezza di oltre 500 m s.l.m. I costruttori del palazzo di corte, che si scorge al centro del Borgo, furono gli stessi che poi acquistarono le case a riscatto, costruite mano mano attorno ad esso: i primi esempi di costruzione pianificata. Le casette numerate, addossate le une alle altre, con il loro giardinetto, ospitavano i sudditi che era dotato di tutto quanto utile alla popolazione (spacci, osterie, divertimenti organizzati).
Al centro dell’abitato sorgeva un’antica Abbazia Cistercense (figlia dell’abbazia-madre Pontigny, costituita nel 1114), che versava in totale decadenza. Donna Olimpia la fece ricostruire e modificare fino all’aspetto che ha attualmente. La nuova formula architettonica del complesso abbaziale, a cui sembra partecipò anche il Borromini, prevedeva una facciata con le sue grandi torri laterali, quadrate alla base e terminanti con piramidi. Il campanile di destra (rispetto a chi guarda) reca in un tondo una meridiana; quello di sinistra un orologio.
Per essere benvoluta e creare attorno a sé un nutrito stuolo di sudditi, li esentò dal pagamento delle tasse e stabilì una dote alle ragazze che dopo il matrimonio avessero scelto di rimanere nel paese.
I pettegolezzi dell’epoca, indicano che per il suo scopo, avrebbe fatto arrivare degli ex galeotti provenienti da Civitavecchia e forzate da Tarquinia per popolare l’area di San Martino…
Divenuta, grazie ai favori del cognato, la dominatrice indiscussa e assoluta della corte papale e di tutta Roma, acquisì così grande potere e ingenti ricchezze, tanto da essere chiamata ironicamente “la papessa”. Era talmente famosa e riconoscibile che, secondo una legenda popolare il giorno della morte di Papa Innocenzo X, sottrasse da sotto il letto papale due casse piene d’oro, se le portò via, scappando, ben vista dai passanti, a tutta velocità in direzione del suo Palazzo dall’altra parte del Tevere, su una carrozza trainata da 4 cavalli neri, dalle cui assi, nel trambusto, cadevano monete e gioielli.
A quanti le chiedevano di partecipare alle spese del funerale del Papa rispondeva: “Che cosa può fare una povera vedova?“.
Visse gli ultimi anni della sua vita in esilio nel suo Principato e mori di peste nel 1657 lasciano in eredità una enorme quantità di denaro: due milioni di scudi.
Il fantasma di Donna Olimpia
Una diceria popolare, racconta che di notte sia possibile vederla sulla sua carrozza, carica di tesori, sfrecciare per le strade del centro, da piazza Navona fino al Tevere, diretta verso casa, villa Pamphilj. Davanti l’ingresso della villa, da voragine spuntano, però, dei diavoli per riportarla all’inferno con il carro e tutto il suo tesoro!
Riposa tutt’ora nell’Abbazia di San Martino al Cimino.
Chissà quante altre storie e misteri restano legati a questa figura…
Un’altra leggenda popolare sostiene che il suo fantasma a bordo di una carrozza piena d’oro, trainata da cavalli neri che sputano fuoco attraversi, nelle notti piovose, Ponte Sisto a tutta velocità,
precipitando poi nel Tevere, dove l’aspetta il diavolo per portarla all’inferno!
Una donna che per la sua spregiudicatezza,sicuramente non rientra negli schemi femmininili dell’epoca, ma a parer mio, molto semplicisticamente, in maniera intelligente, aveva capito che per avere bisogna dare e lei lo ha fatto…poi sull’entità del tornaconto se ne può parlare.
Ciao Laura, era una donna di grande intelligenza e che, come dici tu, semplicisticamente, aveva capito molto bene cosa fare per manipolare gli eventi e le persone. Un personaggio ambiguo, sicuramente, che ha comunque attraversato la sua epoca da protagonista nel bene e nel male.
Se ci fermiamo un attimo a pensare alla condizione femminile dell’epoca, potremmo dire che era una influencer del suo tempo: potente, omni presente sia nelle occasioni mondane che su tutti i media 😉, avida e scaltra.
Mitica donna la Pimpaccia sapeva il fatto suo con tanto di cappello. Davvero interessante l’articolo non solo per via di questa donna che riuscì a invertire il destino che suo padre gli aveva procastinato , ma se lo creò ad ammirazione di tutti con la sola furbizia. Non la conoscevo, spero tirerai fuori un’altra eroina dell’epoca.